200 ANNI DELLA VENERE DI MILO

L'8 aprile 1820 - esattamente 200 anni fa - l'ufficiale francese Olivier Voutier ritrovò in Grecia una delle pietre miliari della scultura classica: l'Afrodite di Milo (meglio nota come Venere di Milo nonostante le sue origini elleniche), scolpita di Alessandro di Antiochia nel II secolo a.C.
La scultura - alta circa 2 metri e scolpita in un blocco di marmo paio (un particolare tipo di marmo bianco molto pregiato proveniente dalle cave nell'isola di Paro, in Grecia) - venne ritrovata da Voutier per puro caso. Mosso da un'estrema curiosità, infatti, il giovane ufficiale francese appena 25enne fu ispirato nientemeno che dagli scritti dell’archeologo tedesco Johann Joachim Winckelmann, padre del Neoclassicismo e promotore della tendenza culturale ad esso legata, in base alla quale - a partire da metà del XVIII secolo - si diffuse in tutta Europa un nuovo concetto di “buon gusto”, a suo dire nato per l'appunto nella Grecia classica, la cui arte avrebbe dunque dovuto essere quindi ripresa nella modernità.

UN PO' DI STORIA

La Venere di Milo è ad oggi considerata l'emblema di quello che era l'ideale classico dell’immagine femminile.
L'8 aprile 1820 Olivier Voutier attraccò con la nave a cui era stato assegnato sull’isola greca di Milo. In quegli anni - come accennato poc'anzi - gli scavi archeologici nelle isole del mar Egeo davano grandi risultati, e non stupisce che proprio gli ufficiali francesi (il cui pensiero era allora notoriamente improntato a ideali neoclassici) fossero fra i più attivi nelle ricerche.
Una volta giunti a Milo, Voutier e due marinai iniziarono a scavare nei pressi del teatro antico dell'isola, ma - dopo aver comunque trovato alcuni reperti - decisero di spostarsi: fu proprio allora che arrivarono nei pressi di un campo poco distante, dove un contadino del posto (Yorgos Kentrotas) stava scavando attorno a un muro. Lì in una nicchia l'uomo poc'anzi aveva trovato il busto di una statua in marmo raffigurante una donna, in buono stato ma senza entrambe le braccia, che - ignaro della sua provenienza - aveva deciso di lasciarlo a terra. Non appena Voutier se ne rese conto, gli diede in pegno del denaro e continuarono insieme a scavare lì attorno, fino a quando non trovarono la parte mancante della statua: un pezzo laterale di busto che la faceva stare eretta, una mano che porgeva una mela, un braccio e due busti marmorei. La scultura a quel punto fu ricomposta, dando luogo a una delle scoperte che avrebbero segnato la storia dell'arte e dell'archeologia mondiale: quella dell'Afrodite di Milo.

Ad oggi la statua è ancora considerata la più famosa scultura classica arrivata fino ai nostri giorni.
Dopo una serie di vicissitudini e numerosi viaggi - dovuti in prima istanza al fatto che la spedizione di Voutier non aveva mezzi per poterla trasportare fino in Francia - il 29 ottobre 1820 la Venere di Milo passò da Costantinopoli a Tolone, salvo poi raggiungere Parigi nel febbraio del 1821. Si dice che il re allora in carica (Luigi XVIII) - da tempo malato di gotta e con cancrene diffuse - non l’abbia mai vista: appena arrivata, infatti, la donò immediatamente al Museo del Louvre, e soli tre anni dopo morì.

Una volta arrivata a destinazione, i pezzi di marmo e l’assenza di attributi resero molto complicati sia il restauro che l’identificazione. L'unica cosa sicura era il nome dell'autore, inciso su un frammento presente in uno dei sacchi di reperti arrivati con la statua a Costantinopoli: Alessandro di Antiochia. Tutte le altre questioni relative all'opera rimangono, però, tuttora in essere.
Attualmente l’opera risulta universalmente riconosciuta come una rappresentazione di Afrodite, ma gli studiosi sono arrivati a questa conclusione semplicemente per le modalità con cui la protagonista è stata raffigurata: mezza nuda, con curve sensuali e marcatamente femminili, senza dimenticare la sua somiglianza iconografica con altre due famose statue (la Venere di Arles e l’Afrodite di Capua). Le braccia mancanti, però, avrebbero potuto porgere una mela, un arco o un anfora, tutti oggetti che identificherebbero altre tre divinità - rispettivamente Eris, Minerva o Atena - mentre secondo un’altra teoria potrebbe invece trattarsi di Anfitrite, divinità venerata a Milo in epoca classica.

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